Le notizie più condivise del 2015

Dal 2010 i siti Web d’informazione sono definitivamente pluggati nei social.
Dai Social Network dipende ormai una quota consistente del loro traffico Web. In media, ogni due letture di un articolo raggiunto dall’homepage di un sito d’informazione si rileva una lettura del medesimo articolo segnalato con un link sui social. L’invito a condividere un contenuto online sui social è una dinamica che ha compiuto otto anni due mesi fa. Il bottone “Like”, infatti, è stato introdotto per la prima da FriendFeed nell’ottobre del 2007. Facebook ha lanciato il suo «pollice alzato» nel febbraio del 2009 e Twitter nell’agosto del 2010. Sono quindi arrivati LinkedIn a fine 2010 e Google (Plus) per ultimo, nell’agosto del 2011.

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La tendenza del fenomeno in Italia è esplosiva: in tre anni il numero medio di condivisioni per articolo è quasi triplicato e negli ultimi mesi del 2015 il numero di condivisioni è sempre stato compreso tra il milione e il milione e mezzo al giorno, un aumento del 90% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e anche rispetto ai primi mesi di quest’anno.

La grandissima parte delle condivisioni (oltre il 95%) è prodotta su Facebook, quindi su Twitter e in misura minore su Google+ e LinkedIn. La quota di Facebook è arrivata a un livello tale che ormai si può ritenere che esso sia diventato l’hub dell’informazione online, il luogo in cui converge la produzione editoriale e dal quale si genera una quota consistente del traffico diretto ai siti d’informazione.

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Il profilo dell’attività durante l’anno conferma la stagionalità dell’attività di condivisione: più debole nei mesi invernali, più intensa nei mesi estivi. La linea blu del grafico rappresenta (in milioni di unità) le condivisioni mensili prodotte su Facebook, Twitter, Google+ e LinkedIn e relative agli articoli pubblicati dalle 100 testate editoriali più popolari del Web italiano. Il volume di condivisioni dipende, ovviamente, dal numero di notizie pubblicate. Per questo motivo è interessante esaminare il numero medio di condivisioni per articolo (linea rossa, scala di destra), rapporto tra le condivisioni e il numero di articoli prodotti: al crescere del numero medio di condivisioni per articolo cresce la partecipazione dei lettori, la viralità della notizia e la rilevanza del tema trattato.

E quali sono gli articoli più condivisi nel 2015? Ecco qui i primi 200.

Mentire con le statistiche

Siamo nell’epoca dei dati, sovrabbondanti e in tempo reale e, soprattutto, big. Se non sono big non sono dati di valore. Sappiamo che dalla disponibilità dei dati dipende la possibilità di una maggiore intelligence, ovvero il potere di comprendere la situazione e agire nel migliore dei modi per raggiungere gli obiettivi che ci si è posti. Quindi più dati = più intelligenza, no?

Se il tema ti appassiona potresti apprezzare un saggio di qualche anno fa, Mentire con le statistiche, dedicato ad analizzare come si forma la nostra conoscenza del mondo attraverso i dati di cui leggiamo e che spesso vengono portati a supporto di tesi e decisioni a tutti i livelli, da quello personale a quello della politica internazionale. La lettura critica e consapevole dei dati e delle tesi ad esse collegate è una componente necessaria della cultura generale dell’uomo del nostro tempo. Coi dati, infatti, abbiamo più conoscenza ma siamo anche più esposti all’errore. Per questo motivo è relativamente facile mentire con le statistiche, in particolare con le persone che non hanno il tempo e la possibilità di comprendere il quadro generale nel quale esse si situano.

La crescita del PIL italiano langue? Non raggiungeremo lo 0,9%? Allora chiediamo al governo di fare un decreto per ridurre il numero di cifre dell’IBAN del conto corrente: sarà più facile ricordarselo e quindi indicarlo a chi ci deve dei soldi e quindi rimetteremo in movimento l’economia e combatteremo i pagamenti in contanti e l’evasione. Una prova? I paesi in cui l’IBAN è composto da meno cifre hanno un reddito pro-capite più elevato:

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Ovviamente non è così, anche se la richiesta di avere un IBAN un po’ meno lungo potrebbe essere ragionevole. L’errore in questo caso è che si è deciso di ritagliare un perimetro di analisi opportunamente costruito per dimostrare la tesi. Molte volte non c’è una cattiva intenzione alla base di questo procedimento: il ragionamento umano è spesso guidato dal desiderio di dimostrare una tesi e a questo si accompagnano gli esempi più utili per farlo o, più semplicemente, gli esempi conosciuti.

Invece, se il perimetro dell’analisi si estende a tutti i paesi europei, si ricava che la relazione tra lunghezza del’IBAN e reddito pro capite non esiste, nonostante la linea di tendenza continui a puntare verso il basso:

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La rappresentatività del dato e il perimetro a cui esso si applica è un tema di analisi che noi in H2 conosciamo bene. Il problema è che ognuno di noi vive in un particolare segmento socio-culturale e incontra con maggior frequenza persone e situazioni tipiche del proprio segmento: la ricerca campionaria ti apre alla conoscenza e alla rappresentazione di fenomeni che sono lontani dalla tua sensibilità e dal tuo modo di intendere le cose. Per riuscire in questo intento, la prassi di ricerca deve assicurare ai campioni la loro eterogeneità e capacità di rappresentare segmenti e aree sociodemografiche, culturali e di consumo diverse.

Il mondo che osserviamo con le nostre ricerche evolve a velocità molto elevata. Ma non tutti vanno alla stessa velocità e noi dobbiamo tenerne conto quando costruiamo i nostri campioni, altrimenti finiremo per rappresentare solo quelli come noi o come te che adesso leggi questo post.